Due libri per capire la vita

Il dieci ottobre di ogni anno è il mio compleanno: oggi vorrei fare un regalo a voi condividendo alcune cose che sto leggendo in questo periodo.

In questo ultimo mese mi sono chiesta più volte quale sia il perchè della sofferenza, e mi sono posta domande più estese sul senso della vita. In Regno Unito è accaduto un grave fatto di cronaca che per la sua violenza e ferocia mi ha impedito di ignorare il male. Mi ha colpito la dignità della famiglia della vittima, e mi ha terrorizzato l’assenza di cura al loro dolore. Accadono poi cose quotidiane alle persone amate – malattia, sterilità, sfortune – che ci fanno chiedere come si possa reagire alla vita senza perdere la forza e la speranza.

E’ interessante che le risposte a questi interrogativi siano arrivate a me attraverso libri che non ho cercato: il primo, “L’uomo in cerca di senso: Uno psicologo nei lager” di Viktor Frankl era citato in un post di instagram di Laura Imai Messina, di cui amavo il blog ed ora affermata scrittrice. Il secondo ha a che fare con la casa editrice TopiPittori, a cui un mese fa circa avevo mandato un testo. Per il mio testo non c’è seguito, ma mi è rimasto impresso quello che avevo letto sulla storia della casa editrice: citavano Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, di Bruno Bettelheim, edito da Feltrinelli, “saggio da cui sarebbe meglio non prescindere, nel caso si volesse tentare un approccio con la letteratura per ragazzi.”

Sono due libri in teoria diversi, li accomuna stranamente – o forse no – il fatto che entrambi gli autori siano austriaci, di famiglia ebraica e psicologi/psichiatri.

Ho iniziato a leggere prima Uno psicologo nei Lager e solo dopo Il Mondo Incantato, che ho appena iniziato. Mi colpisce come entrambi i libri sembrino offrire risposte alle domande che mi sto ponendo, e diano spunti che sono paralleli, ognuno in una dimensione a sè stante.

Uno psicologo nei Lager è un memoriale che racconta fatti gravissimi, come si evince dal titolo, ma offre una rivelazione sulle potenzialità della natura umana che è capace di prescindere dagli eventi ed elevarsi, nonostante tutto.  La citazione che mi aveva colpito e portato a questo libro era proprio come si potesse sempre “mutare una tragedia personale in un trionfo”.

Il mondo incantato è un saggio che analizza il genere letterario della fiaba per mostrare come questa forma d’arte sia creata per mostrare ai bambini, ma non solo, come destreggiarsi di fronte alle avversità che la vita, che non è tutta rose e fiori, ci porrà di fronte.

Vorrei riportare alcuni passaggi di entrambi i libri, e lasciarvi col consiglio di leggerli. Altri spunti che non approfondisco in questa sede ma che non voglio dimenticare riguardano la bellezza della natura, che non è invisibile neanche agli occhi del prigioniero, e di come proprio nella natura – in un albero, per esempio – il personaggio di una fiaba possa trovare conforto e aiuto.

E poi di come nell’amore si possa trovare una salvezza ultraterrena per Frankl: similmente Bettelheim spiega che quel ‘e vissero per sempre felici e contenti’ sia messo alla fine delle fiabe per uno scopo ben preciso, ovvero insegnare come si possa ottenere un vero beneficio nell’instaurare relazioni interpersonali durature.

“Tutto ciò che accade all’anima dell’uomo, ciò che il Lager apparentemente “fa” di lui come uomo, è il frutto di una decisione interna. In linea di principio, dunque, ogni uomo, anche se condizionato da gravissime circostanze esterne, può in qualche modo decidere che cosa sarà di lui – spiritualmente – nel Lager: un internato tipico – o un uomo, che resta uomo anche qui e conserva intatta la dignità d’uomo. […] Ed esistevano veramente, le alternative! Ogni giorno, ogni ora passati nei Lager offrirono mille spunti per questa decisione interna: la decisione dell’uomo che soccombe o reagisce alle potenze dell’ambiente che minacciano di rubare quanto egli ha di più sacro – la sua libertà interna – inducendolo a diventare solo una palla da giuoco e un oggetto delle condizioni esterne, rinunciando a libertà e dignità e rendendolo il “tipico” internato in un campo di concentramento.” Uno psicologo nei lager

“Dappertutto l’uomo è messo a confronto con il proprio destino, deve cioè decidere se farà di una mera condizione di vita una conquista interiore.” Uno psicologo nei lager

“Freud prescrive che soltanto lottando coraggiosamente contro quelle che sembrano difficoltà insuperabili l’uomo può riuscire a trovare un significato alla sua esistenza. Proprio questo è il messaggio che le fiabe comunicano al bambino in forme molteplici: che una lotta contro la gravi difficoltà della vita è inevitabile, è una parte intrinseca dell’esistenza umana, che soltanto chi non si ritrae intimorito ma affronta risolutamente avversità inaspettate e spesso immeritate può superare tutti gli ostacoli e alla fine uscire vittorioso.” Il mondo incantato

“I nostri sentimenti positivi ci danno la forza di sviluppare la nostra razionalità; soltanto la speranza nel futuro può sostenerci nelle avversità che inevitabilmente incontriamo.” Il mondo incantato

“[…] si lasciava cadere solo chi non aveva più un sostegno interiore. In che cosa avrebbe dovuto e potuto consistere un siffatto sostegno interiore? […] Non era possibile prevedere se questa forma di vita sarebbe mai finita e quando ciò sarebbe avvenuto. Com’è noto, la parola latina finis ha due significati: fine e scopo. Quando un uomo non è in grado di prevedere la fine di un’esistenza (provvisoria), non può neppure vivere per uno scopo. Non può neppure, come l’uomo nella vita normale, esistere guardando al futuro. Di conseguenza cambia anche tutta la struttura della sua vita interiore.” Uno psicologo nei lager

Infine, per rispondere alla domanda da cui tutto è incominciato:

“La differenza è evidente: la risposta al perché del male e della morte non è in nostro potere, e la domanda è destinata ad infrangersi contro il silenzio (o la morte) di Dio; la risposta alla domanda sul per-che della vita, invece, dipende interamente da noi: sta a noi, infatti, decidere per chi o per che cosa siamo disposti a vivere, soffrire e perfino morire.” Uno psicologo nei lager

“S’impone qui un rovesciamento di tutta la problematica del senso ultimo della vita: dobbiamo apprendere, e insegnarlo ai disperati, che in verità non importa affatto che cosa possiamo attenderci noi dalla vita, ma importa, in definitiva, solo ciò che la vita attende “da noi”! In linguaggio filosofico si potrebbe anche dire: si tratta quasi di una rivoluzione copernicana; non chiediamo infatti più il senso della vita, ma sentiamo di essere sempre interrogati, come gente alla quale la vita pone in continuazione delle domande, ogni giorno e ogni ora, domande alle quali ci tocca di rispondere, dando una risposta esatta, non solo in meditazioni oppure a parole, ma con un’azione, un comportamento corretto.” Uno psicologo nei lager

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